Uno sguardo al passato e uno al futuro. La generazione Z

Un apprendimento autodidattico grazie a internet

I Nativi Digitali sanno usare con estrema facilità le nuove tecnologie e quelle dei social media, che hanno rivoluzionato il modo di conoscere, apprendere e comunicare

Dai baby boomers alla generazione z

Se consultiamo un qualunque dizionario, con generazione si definisce il periodo di circa 25 anni che separa due classi di età, anche se il suo significato può fare riferimento ad un insieme di individui aventi pressapoco gli stessi anni.

Ma focalizziamo ora la nostra attenzione sul modo nel quale le diverse generazioni sono state suddivise e come si sono evolute dagli anni ’40 in poi.

Disponendole in ordine cronologico abbiamo: i “Baby Boomers”, ovvero i nati dal ’40 al ’60, a seguire la “Generazione X”, comprendente i nati dal ’60 all’80. Successivamente, viene conferito a coloro che sono nati dagli anni ’80 al Duemila, l’appellativo di “Generazione Y” o, come li sentiamo chiamare più comunemente, “Millenials”.

Le generazioni su cui concentreremo però il nostro interesse sono quelle a noi più vicine, appunto la “Generazione Y” e, quella a noi più prossima chiamata “Generazione Z” o, con l’espressione che meglio la descrive dei “Nativi Digitali”.

Definiamo la “Generazione Y” come quella il cui periodo di tempo include la nascita e lo sviluppo della rete Internet, creata intorno agli anni ’90.

Questa classe di persone è venuta in contatto con le prime tecnologie, che migliorarono drasticamente il modo di comunicare.

Il lavoro è l’aspetto che più differenzia questa generazione dalle altre, essendone il suo tallone d’Achille: prendendo in considerazione l’Italia, i dati ISTAT del 2015 rivelano come il 40% degli appartenenti a questa generazione non abbia un’occupazione e come il 25% sia costituito da “Neet”, una popolazione di giovani non coinvolti in attività di studio o di lavoro.

Spesso la mancanza di processi di attivazione induce in queste persone uno stato di scoraggiamento generale. In particolare, gli aspetti che influenzano lo scoraggiamento non sono legati esclusivamente alla mancanza di suddetti processi, ma anche al bisogno da parte dei ragazzi di una gratificazione istantanea; Netflix, Tinder e Just Eat1 sono degli esempi di servizi che rispondono pienamente a tali esigenze.

La generazione z

La “Generazione Z” è quella che si è andata sviluppando a partire dagli anni Duemila e gli individui che rientrano in questa categoria vengono più comunemente chiamati “Nativi Digitali” proprio perché avvezzi all’uso delle nuove tecnologie e dei social media, che hanno rivoluzionato il modo di conoscere, apprendere e comunicare. Vengono identificati con questo nome poiché sono riusciti a sviluppare nuove e specifiche capacità, prima fra tutte quella di riuscire con estrema facilità a comprendere e usufruire di nuove tecnologie (in precedenza a loro sconosciute), e a gestirle a proprio vantaggio.

I ragazzi di quest’ultima generazione hanno una diversa concezione del lavoro, influenzata dalla crescita e dalla passione, ma anche da un forte desiderio di successo personale, spesso identificabile nella presenza di un maggior spirito imprenditoriale.

È in questi anni infatti che nascono le cosiddette “nuove professioni”, strettamente legate all’utilizzo dei social media.

Spesso sottovalutate dalla maggior parte delle persone non appartenenti alla “Generazione Z”, le professioni di nuova generazione, quali ad esempio quelle di Youtuber, Fashion Blogger, Digital Marketer, Travel Influencer o Webstar, riportano degli aspetti tanto interessanti quanto difficili da comprendere. Il primo aspetto, quello più importante e difficile da superare, è la concezione tradizionale che si ha del lavoro, ovvero quella che impone di svegliarsi la mattina presto e recarsi al luogo di lavoro.

Ma non meno importante è anche l’aspetto economico di queste professioni, le quali spesso hanno una retribuzione alla gran lunga più rilevante, rispetto alle paga dei lavori di vecchia generazione; per citare un esempio, lo youtuber statunitense Jake Paul, con i suoi 15 milioni di iscritti su Youtube, ha registrato nel 2017 guadagni superiori ai 50 milioni di dollari (come da lui dichiarato in un’intervista), cifra impensabile anche per i cantanti di fama internazionale e da fare invidia a molti attori hollywoodiani.

Questo è solamente lo step più basso che un individuo può raggiungere con le tecnologie che ha disposizione al giorno d’oggi, ma la realtà del mondo digitale è molto più estesa e raggiunge per la maggior parte i ragazzi, riuscendo però ad affascinare anche i più grandi.

Per questo, ed altri svariati motivi, bisognerebbe cercare di guardare a questi nuovi mestieri non con un atteggiamento scettico e restio bensì con curiosità e volontà di comprensione.

Lo spirito innovativo

Concentriamoci ora sulle caratteristiche per cui la Generazione Z differisce dalle altre in termini di istruzione, educazione ed aspettative di carriera.

I “Nativi Digitali” sono il target del futuro, coloro che nei prossimi anni influenzeranno di più le strategie di digital marketing delle aziende.

Questa generazione, classificata come la prima mobile-first della storia, è maggiormente propensa alla personalizzazione, la quale assume un ruolo significativo nel processo di socializzazione dei ragazzi.

Secondo i dati provenienti dagli USA essi appaiono come fedeli ricercatori di informazioni riguardanti tutti gli ambiti della sfera sociale ed in particolare di prodotti da cui deriva un aumento delle entrate per le aziende ed una maggiore gamma di consumatori2.

Gli studenti in particolare, oltre alla ricerca, amano imparare da auto-didatti guardando lezioni online e leggendo libri di testo, in questo caso chiamati E-book, sul loro tablet/iPad. Essendo abituati a fare un uso assiduo dell’autocorrezione messaggistica (T9) e degli emoticon essi preferiscono, in qualsiasi ambito, la dimensione visuale rispetto a quella testuale.

Lo spirito di questa generazione è innovativo; vediamo infatti che il 72% degli studenti delle scuole medie e superiori intende gestire un proprio business nel futuro e addirittura il 76% vorrebbe che il proprio hobby si trasformasse in lavoro3.

Questa generazione è intraprendente, ha voglia di fare, creare e lasciare il segno.

Tra le motivazioni che spingono gli “Z” ad avere una prospettiva piuttosto ottimistica a confronto con le altre generazioni, rientra sicuramente il problema attuale del crescente divario di reddito della classe media, implicando nei giovani una maggiore disposizione ad accogliere nelle proprie cerchie sociali persone di diversi gruppi etnici, religioni e razze. Questi ragazzi comprendono meglio le problematiche economiche e sono spinti da un maggiore senso di solidarietà.

Cogliamo l’occasione per sottolineare come gli studenti desiderino sempre più affermarsi all’interno delle mura scolastiche; vi è una continua competizione tra compagni, secondo la regola del chi svolge tutti i compiti assegnati dai professori e prende il voto più alto nelle verifiche/interrogazioni è il più diligente e, spesso, è considerato il “secchione” della classe.

A questo proposito gli insegnanti dovrebbero valutare in maniera oggettiva e non personale, in base alle conoscenze e competenze di ogni studente. Spesso accade però che nei professori nasca inconsciamente una preferenza dettata dalla simpatia che porta ad un giudizio soggettivo e provoca scarsa motivazione negli studenti.

La scuola “digitale”

La “Generazione Z” è anche chiamata “Always Connected”; essa è infatti, fin dalla nascita, invasa dalla tecnologia e dai social media, utilizzati in tutte le loro sfumature, dagli scopi didattici a quelli ricreativi.

Le ripetizioni online ne sono un esempio: basta un semplice click per avere a disposizione un intera gamma di lezioni private su tutti gli argomenti scolastici.

Oltre a queste lezioni vi è anche la possibilità per gli insegnanti di comunicare avvisi, scambiarsi materiale didattico ed organizzare gite scolastiche tramite piattaforme quali Whatsapp, Facebook o Twitter, che divengono una sorta di registro “social”.

In termini di studio e apprendimento, secondo i ricercatori, la “Z” è la prima generazione in grado di cercare e trovare autonomamente le informazioni di cui ha bisogno, di seguire lezioni online, di leggere e studiare usando libri digitali sui tablet, di collaborare con i compagni utilizzando gli strumenti del web.

A differenza dei loro amici di poco più grandi (i Millenials) i ragazzi della “Generazione Z” utilizzano in media 5 devices (computer, smartphone, iPod o music player, TV e tablet) e non più solo due, a testimonianza di un legame fortissimo con la rete; preferiscono le immagini ai messaggi di testo, amano creare contenuti e non solo condividerli, progettano il futuro immaginando di trasformare in lavoro i propri hobbies, sono più realisti che ottimisti, anche se vogliono poter fare la differenza e lasciare il loro segno nel mondo, migliorandolo.

Si tratta di preziose indicazioni anche per gli insegnanti, che alla luce di questi dati dovrebbero essere disposti a rivedere strategie e metodi per attrarre e coinvolgere gli alunni, ma attenzione: gli studi dicono che per rendere un contenuto intrigante agli occhi dei ragazzi ci sono a disposizione 8 secondi o 5 parole, entro i quali gli stessi decideranno se l’argomento presentato sia di loro interesse e quindi si connetteranno alla lezione, oppure andranno, se non con gli smartphone che ancora sono interdetti alla realtà scolastica, almeno con i pensieri, a navigare altrove.

Alcuni esperti di marketing hanno elencato 7 idee per catturare l’attenzione della “Generazione Z”

  1. comunicare a livello visuale attraverso molteplici dispositivi;
  2. evitare ridondanza e prolissità, andare dritti al punto e alla comunicazione della propria proposta che deve essere percepita di valore;
  3. nutrire la loro curiosità e stimolare il loro spirito di iniziativa;
  4. dare loro più autonomia personalizzando e differenziando le proposte e permettendo loro di fare e creare;
  5. connetterli attraverso attività collaborative e tecnologie di live-streaming
  6. coinvolgerli in cause sociali rilevanti;
  7. aiutarli a costruire competenze.

Considerazioni finali: vantaggi e limiti dell’uso delle tecnologie sulla base delle esperienze personali

Quando si parla di tecnologie digitali da non dimenticare è l’esistenza di limiti di età molto importanti da rispettare. Tutti i social network prevedono un’età minima per iscriversi (solitamente 13 anni; nel caso di Whatsapp addirittura 16). È scontato dire che questa regola è facile da aggirare per qualunque bambino o ragazzo mediamente scaltro. Si tratta solo di mentire su una data di nascita e il gioco è fatto: si entra tranquillamente nella piattaforma.

Il divieto, ovviamente, è posto perché la legge ritiene che un utente possa avere i mezzi e l’esperienza per interfacciarsi con questo mondo solo una volta raggiunta quell’età. Per questo motivo, un buon modo per “fare i primi passi assieme” nel mondo dei social network può essere quello di utilizzare la piattaforma in condivisione per un certo periodo di tempo.

Infatti, attraverso il profilo di un adulto (nel caso di una classe si può creare un profilo comunitario guidato dall’insegnante), si può far provare la piattaforma all’utente under 13, seguirlo nei suoi movimenti e interrogarsi di volta in volta sulle varie peculiarità del mondo digitale.

Un altro aspetto molto importante riguardante l’argomento tecnologico è sicuramente la privacy; le barriere della privacy sono infatti in declino e, nonostante si cerchi di sviluppare una cortina di rafforzamento e di salvaguardarla, essa viene ancora oggi deliberatamente e facilmente violata.

Da tenere a mente sono però i vantaggi che la tecnologia offre allo studente. Tra questi ne sono emersi, alla luce della nostra esperienza personale, alcuni riguardanti l’autonomia nei confronti dello studio che gli alunni acquisiscono grazie alla Rete; prendendo a modello il nostro caso quello che si può evincere è che, nei casi in cui il metodo di insegnamento tradizionale risulta poco efficace, gli studenti propendono verso un apprendimento autodidattico coadiuvato in larga parte da internet.

Quello che abbiamo riscontrato è che, grazie a questa tipologia alternativa di studio, gli esiti scolastici risultano positivi e più facili da raggiungere grazie all’interattività che questo metodo propone.

In conclusione, se dovessimo fare delle proposte concrete agli insegnanti ci sentiamo di riportare qui di seguito alcuni accorgimenti che potrebbero essere di aiuto alla didattica:

  • un maggiore utilizzo interattivo della LIM (lavagna interattiva multimediale).
  • Insegnare ad imparare (e non a studiare) mediante esperienze attive.
  • Instaurare un rapporto interpersonale alunno/docente.
  • Creare un ambiente di fiducia all’interno della classe.
  • Prendere atto del fatto che gli studenti sono prima di tutto persone prima che numeri e trattarli come tali.
  • Ridurre il più possibile la parte nozionistica della lezione.

Affinché il metodo di insegnamento proposto sia efficace, sarebbe importante non solo la partecipazione degli insegnanti, ma anche la collaborazione da parte degli studenti per un corretto utilizzo dei dispostivi in classe; come disse il filosofo Protagora “tutti sono insegnanti di tutti”.

Angelica Fontanella

Riccardo Termini
Studenti Classe IV E
Liceo Linguistico “F. Petrarca”
Trieste

 

L’articolo è stato pubblicato nella rivista Quaderno di orientamento – numero 52 – primo semestre 2018.

Tutti i numeri della rivista sono consultabili al seguente link

 

Sitografia

Note

  1. Servizi offerti tramite “app” scaricabili concernenti il mondo del cinema (Netflix), il mondo degli incontri (Tinder) e quello della ristorazione a domicilio (Just Eat).

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