Il ruolo del mediatore scolastico
Il mediatore scolastico è una figura neutrale che facilita la comprensione delle emozioni altrui ristabilendo un clima di fiducia tra le parti in conflitto.
L’educazione alla legalità
Nell’ambito dell’educazione alla legalità e nel progetto che l’Ordine degli Avvocati di Pordenone di concerto con il CNF ed il MIUR1 sta continuando a portare avanti nelle scuole della provincia anche nell’anno scolastico in corso, con inopinabile riscontro positivo, si inserisce senz’altro l’introduzione e la prospettazione ai ragazzi di alcuni principi relativi al concetto di mediazione nell’alveo della scuola.
Durante le nostre lezioni abbiamo proposto agli studenti di individuare le casistiche registrate in classe e le possibili soluzioni usando gli strumenti della riflessione e della maieutica. La mediazione nell’ambito scolastico ha l’obiettivo di far conoscere ai ragazzi una modalità alternativa di risoluzione dei conflitti.
Essa può essere esplicata mediante tecniche da proporre ai ragazzi che mirano alla gestione ed al superamento dei conflitti dando loro la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, capire le proprie emozioni, acquisire la capacità di ascolto, accogliendo il punto di vista dell’altro.
Attualmente si assiste a sempre più frequenti fenomeni di prepotenza, bullismo adulto e giovanile nonché di intolleranza diffusa anche nell’ambito scolastico sino a sfociare in veri e propri conflitti.
Tali conflitti hanno luogo non solo tra gli stessi alunni, ma tra docenti e alunni, tra genitori e docenti e paradossalmente anche tra gli stessi genitori. Frequentemente portiamo loro l’esempio delle chat di gruppo e gli esiti spesso inquietanti dei giudizi e dei commenti in esse inserite con conseguenze anche penalmente rilevanti come la diffamazione, la pedopornografia, il sexting, la violazione del diritto alla privacy etc.
Questi segnali necessitano di una maggiore sensibilizzazione rispetto alla gestione del conflitto. Come avviene anche per la nostra professione in cui l’orientamento sempre più urgente è quello di privilegiare la risoluzione alternativa dei contenziosi con le procedure ADR (Alternative Dispute Resolution)2, anche nella scuola si rende necessario attivare processi di recupero delle risorse relazionali.
Il mediatore scolastico è una figura neutrale, impegnata a ristabilire il dialogo tra le parti per facilitare la risoluzione del conflitto e la comprensione delle emozioni altrui, instaurando un clima di fiducia in classe, ma anche fuori dal contesto educativo.
Il suo fine è quello di creare uno spazio idoneo per la gestione dei conflitti con l’intento di ridefinire i rapporti tra tutti i soggetti (docenti, alunni, genitori) prendendo spunto dalla comprensione reciproca di bisogni e interessi.
Anche nella nostra Regione sono nati alcuni progetti, che hanno coinvolto le scuole, ispirati dalla volontà di promuovere lo sviluppo dell’empatia, del rispetto reciproco, della necessità di affrontare e risolvere i conflitti in modo propositivo, promuovendo la convivenza sociale.
Diffondere la pratica della mediazione significa utilizzare i conflitti come educazione alla legalità ed alla crescita individuale, attutendo il più possibile i fenomeni dilaganti di odio sociale anche amplificato dal web.
Durante le lezioni di legalità si è cercato di fare chiarezza su alcuni termini che i ragazzi spesso tendono a confondere e che riguardano le parole litigio, conflitto, contrasto, prepotenza. Ad esse è sempre stato attribuito un significato negativo e spesso nell’immaginario degli studenti la risoluzione di tali criticità passa attraverso uno scontro ed una risoluzione drastica.
Si rende necessario focalizzare l’attenzione dei ragazzi sul fatto che il contrasto, la divergenza, l’opposizione, il conflitto sono dinamiche relazionali che devono essere affrontate e che rappresentano una risorsa per salvaguardarsi e ottenere una migliore regolazione tra l’altro ed il sé.
Si è cercato di spiegare che la modalità ormai sorpassata di affrontare il conflitto con la categoria della colpevolezza e dell’intento di ristabilire la “giustizia”, ha impedito di utilizzare la capacità di confronto che risulta fondamentale per apprendere l’autoregolazione e il rispetto delle regole sociali. Il confronto e quindi il conflitto sono necessari per riuscire a convivere con gli altri, senza dunque utilizzare la violenza o la prevaricazione.
Il diritto di litigare
Durante le lezioni di legalità, nelle quali illustriamo la Convenzione dell’ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza3, si è ritenuto di inserire sempre il diritto di litigare quale antidoto alla violenza interna ed esterna, ponendo l’accento sulla necessità di gestire il conflitto grazie alle figure adulte (insegnanti, genitori nonché operatori esterni) che li mettano nelle condizioni di sviluppare capacità di interazione, confronto, in modo competente e costruttivo. È indispensabile porre l’attenzione sui conflitti e nella loro gestione diventa di prioritaria importanza la necessità di trasformare il conflitto in una risorsa. I conflitti esistono e l’unico modo per affrontarli e risolverli è riuscire a gestirli.
Riflettendo sul tema del bullismo è evidente come esso si sviluppi maggiormente nei gruppi apparentemente coesi, dove la conflittualità è negata; in quei contesti il bullo riesce con più facilità ad emergere ed a trovare ragione di esistere. Da qui la necessità di insegnare ai giovani la capacità di autoregolare le loro dinamiche conflittuali, anche mediante la mediazione scolastica, utilizzando i metodi con cui l’adulto mediatore stimola l’interazione e favorisce la gestione dei conflitti.
L’adulto avrà il compito di far apprendere ai ragazzi la capacità auto-regolativa, attivando un processo interiore che permetta di rimodulare i propri bisogni ed interessi in base alle esperienze vissute. Mediante tale capacità i bambini e gli adolescenti comprendono che il litigio rappresenta un’opportunità per imparare a collocarsi nel gruppo, a valorizzare i legami e ad armonizzare i propri interessi con quelli degli altri.
Senza dubbio i giovani hanno una capacità plastica che gli consente di evitare di assumere posizioni rigide. Se fin da piccoli essi, aiutati dagli adulti, riuscissero a scontrarsi tra loro, ascoltando empaticamente la posizione altrui e imparassero a gestire il conflitto, da adulti non si troverebbero di fronte alle forme di rigidità e ostinazione che trascendono negli episodi di violenza a cui assistiamo, purtroppo, ogni giorno. Il messaggio da veicolare ai ragazzi è quello che non ci sarà la soluzione del conflitto se non sapranno individuare i reciproci interessi. L’adulto dovrà attivare un processo di trasformazione e conoscenza basato sulla conoscenza dei propri interessi interni per trasmettere queste informazioni usando una metodologia maieutica.
Durante le lezioni di legalità abbiamo proposto ai ragazzi di analizzare un litigio o un conflitto che abbiano sperimentato in classe o comunque nell’ambito scolastico. Sono state esposte varie versioni del fatto che poi è stato esaminato fino a quando i giovani sono stati in grado di individuare alcune vie d’uscita.
Ovviamente il ruolo del mediatore adulto è quello di ascoltare, mantenendo la neutralità empatica, cercando di cogliere la sofferenza, la rabbia ed il malessere riportati dai ragazzi, restituendo loro la fiducia che spesso non percepiscono.
Un mito che abbiamo cercato di sfatare è quello della ricerca del colpevole; l’adulto non dovrà atteggiarsi a giudice, ma trasmettere la capacità di gestire la situazione di conflitto, facendoli parlare del problema in esame, accogliendo le reciproche posizioni e favorendo l’accordo tra di essi.
Risultati soddisfacenti
La tipologia dei casi che i ragazzi stessi ci hanno sottoposto è risultata variegata ed estremamente utile per comprendere non solo la casistica, ma anche il loro approccio al conflitto. I temi hanno riguardato questioni di genere, di discriminazione, di prevaricazione ed anche di incomprensione tra gli adulti ed i ragazzi stessi. Utilizzando tali tematiche, scelte esclusivamente da loro, si è riusciti a individuare la possibile mediazione, spesso del tutto antitetica a quella che, nel loro immaginario, sarebbe stata la risoluzione del contenzioso attraverso l’eventuale azione giudiziaria.
Il risultato è stato soddisfacente perché elaborato da loro stessi, seppure con ausilio esterno dell’adulto. Sono emersi gli interessi reciproci dei gruppi che fisiologicamente si creano, che si sono dimostrati però capaci di affrontare le divergenze di opinioni e riuscendo poi a definire un accordo soddisfacente.
Ritengo che tale metodologia di risoluzione del conflitto sia sicuramente foriera di una distensione e di una maggiore comprensione di tutti quei problemi che i nostri giovani vivono nel loro quotidiano, anche nell’ambito scolastico.
Un ragazzo che imparerà a litigare e a gestire il conflitto connaturato alla vita sociale, sarà un adulto che saprà gestire le proprie emozioni e confrontarsi con gli altri, superando l’egocentrismo che può sfociare in episodi di aggressività e di prevaricazione, oggi, purtroppo, molto diffusi.
Graziella Cantiello
Avvocato
Ordine degli Avvocati di Pordenone
L’articolo è stato pubblicato nella rivista Quaderno di orientamento – numero 51 – secondo semestre 2017. Tutti i numeri della rivista sono consultabili al seguente link
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Bibliografia
- Di Dedda I., Educare alla legalità. Fondamenti, problemi, prospettive di intervento, ISU Università Cattolica, Milano, 2009.
- Giannini A.M., Sgalla R., Giovani e legalità nelle realtà a rischio, Carocci, Roma, 2009.
Note
- Protocollo d’Intesa tra CNF e MIUR del 03.10.2016.
- Si tratta di una serie di tecniche e procedimenti (mediazione, negoziazione, arbitrato) di risoluzione di controversie di tipo legale attinenti a diritti disponibili, alternativi rispetto al giudizio amministrato dagli organi giurisdizionali pubblici.
- La Convenzione è stata approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 20 Novembre 1989 e ratificata dall’Italia con la Legge N. 176 del 27 Maggio 1991.