Costruire una professione tra Italia e Svezia: intervista a Sofia

In questo articolo, ti proponiamo l’intervista a Sofia Marchesini, giovane laureata in Lingue straniere e studentessa del corso di Laurea Magistrale in educazione internazionale comparata all’Università di Stoccolma.

Sofia, nel suo percorso universitario, sta approfondendo come i diversi paesi europei organizzano le attività di orientamento per gli studenti delle scuole superiori.

Al momento, Sofia ha concluso il primo anno della Magistrale e collabora con il COSP (Centro per l’orientamento scolastico e professionale) di Verona, con l’intento di proporre ai formatori e agli orientatori spunti utili per aiutare più efficacemente gli studenti a definire i loro futuri percorsi professionali.

Sofia ha capito che il confronto con le realtà culturali di altri paesi ci arricchisce, offrendo al sistema italiano spunti utili per migliorare.

Il collante che tiene assieme tutti i percorsi di orientamento consiste nel permettere a ogni studente di far valere i suoi talenti e le sue passioni, adattandosi a un mercato del lavoro che cambia velocemente, ricercando sempre nuovi profili professionali.

Il percorso per giungere ad un unico modello europeo di orientamento scolastico e professionale è ancora lungo, ma Sofia è ben intenzionata a dare il suo contributo.

Abbiamo chiesto a Sofia di rispondere ad alcune domande.

1. Sofia, hai voglia di raccontarci il tuo percorso di formazione? Quale scuola superiore hai frequentato? Cosa pensi sia utile anche oggi delle conoscenze apprese alle superiori?

Ho studiato al liceo scientifico Primo Levi. La scelta di andare al liceo è stata molto sfidante: il primo anno non è stato facile, ho avuto un debito in latino. Poi, grazie al mio impegno, sono migliorata tantissimo, tanto da apparire nelle pagelle d’oro.
Di quello che ho appreso, mi porto dietro la capacità di ragionare in modo critico, senza la quale il bagaglio di cultura generale serve a poco.

2. Dopo poco esserti iscritta alla facoltà d’Ingegneria, hai scelto di studiare Lingue: cosa ha fatto maturare in te questa scelta? Quali strategie hai utilizzato per riorientarti e ripartire?

Non è stato facile per me scegliere l’Università. Ho scelto ingegneria perché ero molto portata per la  matematica e le materie scientifiche in generale; sono stata incoraggiata dai miei professori a fare questa scelta.

Volevo studiare ingegneria energetica, dato che ero incuriosita dall’efficientamento energetico degli edifici. Mi sono iscritta all’Università di Bologna, e fin dal primo esame mi sono trovata male con il metodo di studio, troppo mnemonico per me.

Cominciavo a domandarmi se quel percorso facesse veramente per me, anche per quanto riguarda gli sbocchi lavorativi.

Così ho scelto di frequentare il corso di Laurea triennale in lingue, consapevole che dopo 3 anni avrei avuto più chance d’inserimento professionale. Tra le lingue che studiavo, c’era il russo, lingua richiesta ma che davvero in pochi conoscono. Ovviamente, non poteva mancare la lingua inglese.
Dopo essere passata a lingue, non ho più avuto ripensamenti.

3. Ora fai una Magistrale molto peculiare: puoi descrivere perché hai fatto questa scelta? C’erano alternative che ti tentavano?

Studiando lingue, ho iniziato a interessarmi alle altre culture, anche grazie alla letteratura straniera.
Nella mia mente, si è fatta strada l’esigenza di promuovere un nuovo approccio didattico   sull’insegnamento delle lingue straniere, che si basasse molto sugli aspetti antropologici e letterari. Durante il primo anno di lingue, iniziavo a domandarmi se fossero presenti dei metodi didattici innovativi per insegnare le lingue straniere.

Così, ho iniziato a cercare corsi di Laurea centrati sulla progettazione dei modelli educativi, ma in Italia non c’era un percorso simile. Iniziando a guardarmi attorno e a informarmi, ho scoperto l’esistenza del corso di Laurea in educazione internazionale comparata a Stoccolma.

materie accademiche in svezia

4. Vivere all’estero… Come funziona? Hai avuto difficoltà agli inizi? Ci racconti alla tua giornata tipo, se esiste?

All’inizio ho incontrato un po’ di ostacoli, soprattutto per via della burocrazia: fino all’ultimo giorno, la mia iscrizione era in bilico, poi, fortunatamente, tutto si è risolto per il meglio.

Una volta arrivata in Svezia, ho fatto fatica ad adattarmi al clima freddo e al buio.

Non esiste una giornata tipo vera e propria; diciamo che quasi tutte le mie giornate in Svezia sono abbastanza piene: devo conciliare lo studio con l’attività di baby-sitter, senza dimenticare la palestra e le serate con gli amici.

Tornavo a casa talmente stanca da far fatica a prepararmi il pranzo e la cena per il giorno dopo. Dopo i primi mesi, ho imparato a organizzarmi e da febbraio di quest’anno tutto è andato in discesa.

A coloro che desiderano trasferirsi a Stoccolma consiglio di aderire al gruppo facebook “Italiani a  Stoccolma”! In quel gruppo c’è un’atmosfera molto positiva, dedita allo scambio di consigli su come affrontare i problemi e gli inconvenienti legati al soggiorno in Svezia, come la gestione delle tasse universitarie, del permesso di soggiorno e ulteriori informazioni sull’anno accademico svedese.

 

5. La tua esperienza di stage ti ha portato a studiare e confrontare i diversi modelli di orientamento su scala internazionale. Quali sono secondo te gli elementi essenziali e su cosa dovremmo migliorare qui in Italia?

Secondo me, bisognerebbe inserire l’orientamento nel sistema educativo italiano e radicarlo in tutte le scuole. Ogni insegnante dovrebbe domandarsi se il servizio di orientamento sia stato dato a tutti gli studenti.

I servizi di orientamento dovrebbero collaborare con gli enti di ricerca e rafforzare l’offerta verso le scuole e gli studenti. L’orientamento dovrebbe diventare una materia obbligatoria, al pari dell’inglese. All’estero, il tema dell’orientamento è molto più sentito.

6. Ci sono secondo te delle specificità italiane nel campo dell’orientamento che altri paesi ci invidiano? Se sì, quali?

Nel sistema italiano non manca il dinamismo: ci si ingegna a progettare percorsi innovativi, mirando alla raccolta fondi. Questo assetto obbliga chi fa ricerca ad “essere sul pezzo”. Tutto questo avviene perché gli enti privati danno un forte contributo in molti campi, non da ultimo quello dell’orientamento.

In ogni caso, è difficile parlare di “specificità italiane” in senso stretto: ogni realtà locale gestisce a modo suo i percorsi di orientamento; manca uno standard diffuso su tutto il territorio. Per farti un esempio, qui a Verona abbiamo il COSP, tuttavia non esiste una struttura paragonabile a questa in tutte le città.

7. Hai tre consigli da dare ad un ragazzo di 17 anni che sta per finire le superiori, giocateli bene!

La prima cosa che gli direi è “conosci te stesso!” Gli consiglierei di capire che persona vuole essere e di concentrarsi sui suoi desideri e ambizioni

Come seconda cosa, gli consiglierei di crearsi un progetto di vita personale, lasciando perdere il giudizio degli altri.

Come terzo consiglio, gli direi d’impegnarsi, dopo aver messo a fuoco il suo progetto.

Personalmente, ho impiegato anni a progettare il mio trasferimento in Svezia, delineando passo dopo passo il mio percorso e organizzando per tempo tutta la trafila burocratica che avrei dovuto seguire per raggiungere il mio obiettivo; in questo senso, l’impegno va di pari passo con la pianificazione.

8. Immagina di poter fare la differenza nella società del futuro: che persona vorresti essere? Dove ti vedi fra 5 anni?

Fra 5 anni, mi vedo a lavorare in qualche organizzazione, mentre capisco dove stiamo andando come società. Non so se sarò in Italia o in qualche paese europeo, ma mi piacerebbe rimanere nel campo della formazione.

Dopo aver maturato un bel bagaglio di competenze, non escludo di tornare in Italia.

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