Cos’è l’abbandono scolastico?
L’abbandono scolastico (o dispersione scolastica) è il fenomeno che induce i giovani a lasciare la formazione dopo il conseguimento della sola licenza media senza concludere il percorso del secondo ciclo delle secondarie. Possiamo includere in questa categoria anche la cosiddetta dispersione scolastica implicita ovvero ragazzi che hanno raggiunto un diploma senza aver raggiunto i traguardi di competenza previsti. Dal punto di vista del sistema educativo e dell’intera società, si tratta di un fallimento formativo. L’abbandono della scuola prima del tempo, è più frequente dove ci sono fragilità sociali; dietro ogni ragazzo che lascia la scuola anzitempo ci sono tanti fallimenti educativi che non possono essere considerati solo problemi individuali o delle istituzioni scolastiche. Sono fallimenti per l’intera società nel preparare la prossima generazione di adulti.
I dati ci spiegano che spesso queste situazioni di difficoltà racchiudono contesti sociali più difficili e famiglie in difficoltà economica. Per un giovane under 18 l’abbandono scolastico vuol dire minori opportunità lavorative e meno stabilità occupazionale.
L’Italia ha sfiorato nel 2019 l’obiettivo Europeo di rimanere sotto il 10% di dispersione
Nel 2009, la media europea di abbandoni scolastici era del 14%. In Italia nel 2019, la percentuale è scesa fino al 10,2%, sfiorando così l’obiettivo del 10% posto dalla strategia Europa 2020. Nonostante un netto miglioramento rispetto a 10 anni fa – il nostro paese è comunque ancora lontano dal nuovo target del 9,9%, fissato a livello europeo, da raggiungere entro il 2030. Pur essendo passati da un tasso di abbandono pari al 18,6% nel 2010 a quello del 13,1% del 2020, infatti, la percentuale è comunque ancora molto al di sopra del valore medio di riferimento (che si attesta al 9%).
Per far intendere meglio la situazione, il nostro Paese è tra quelli dove con più frequenza i giovani tra i 18 e i 24 anni risultano fermi al primo ciclo di istruzione. Hanno abbandonato il sistema di istruzione senza conseguire, quindi, il diploma di scuola superiore o un titolo equivalente. Peggio di noi solo Islanda (14,8%), Romania (15,6%), Spagna (16%), Malta (16,7%). Distanti anni luce dalle più virtuose Croazia (il cui dato – 2,2% – è però parziale), Grecia (3,8%), Slovenia (4,1%) e Irlanda (5%). [fonte Eurostat]
Le motivazioni che spingono un giovane ad abbandonare il proprio percorso di formazione non sono ascrivibili solamente alla dimensione economica legata alle opportunità lavorative o la stabilità famigliare, i dati ci riferiscono che esiste una connessione lineare tra i dati di abbandono e la difficoltà di raggiungere gli apprendimenti minimi (risultati scolastici su materie chiave bassi o insoddisfacenti).
Quindi se dovessimo provare a descrivere sommariamente una storia di abbandono troveremmo probabilmente alcune tra le seguenti caratteristiche: fragilità familiare, basso reddito, risultati scolastici incostanti o insoddisfacenti, bassa motivazione, scarsa fiducia nelle proprie capacità. Il mix di questi elementi aumenta certamente le probabilità di abbandono precoce.
Andando ad interpretare i dati su scala regionale riscontriamo grandi differenze lungo lo stivale. Il grafico sottostante ci mostra un rapporto lineare tra inadeguate competenze chiave, rilevate attraverso i test invalsi, e tassi di abbandono. La regione Friuli Venezia Giulia riscontra i seguenti dati 21,1% di studenti che non raggiungono competenze alfabetiche adeguate e un tasso di abbandono dell’8,6%. Altre Regioni come Sicilia e Calabria hanno indici di insuccesso sulle competenze alfabetiche oltre il 40% e un tasso di abbandono attorno al 20%. [fonte Open polis su dati Istat ed Indire]
[pallino verde] Competenze medio-alte e abbandono sotto media [pallino giallo] Competenze medio-alte e abbandono sopra media [pallino arancio] Competenze medio-basse e abbandono sopra media [pallino rosso] Competenze medio-basse e abbandono sotto media
Pandemia, lockdown e DAD, quali effetti avranno sull’abbandono scolastico?
I dati INVALSI 2021 ci danno un primo assaggio delle difficoltà che dovremo affrontare nei prossimi mesi ed anni
per recuperare i ragazzi che hanno perso contatto, relazione e fiducia nella scuola, per non parlare delle conoscenze e competenze. Due quattordicenni su cinque (con punte del 50-60 percento al Sud) dopo l’estate entreranno alle superiori con competenze da quinta elementare. E ai loro fratelli maggiori che hanno appena tagliato il traguardo della Maturità va pure peggio: quasi uno su due è fermo a un livello da terza media, massimo prima superiore.
INVALSI 2021 dispersione scolastica.
I dati di Invalsi ci offrono uno sguardo puntuale sui dati quantitativi, che descrivono una situazione in salita, altrettanta importanza dobbiamo dedicare ad un'analisi più qualitativa sullo stato d’animo dei nostri giovani dopo un anno e mezzo di pandemia Covid. Una ricerca IPSOS commissionata da Save the Children (gennaio 2021) analizza gli stati d’animo di studenti dopo un anno di DAD. I dati evidenziano sfiducia, rabbia e rassegnazione. La ricerca di ampio respiro fa un focus sulla dispersione scolastica, già il 28% degli intervistati afferma che un loro compagno non è tornato a scuola. Le motivazioni sono legate non solo alla mancanza di strumenti e dispositivi adeguati (si evidenzia a tal proposito il digital-divide) ma soprattutto a difficoltà legate allo studio, a seguire le lezioni e mantenere l’attenzione, infine a sentimenti legati ad ansia, rabbia, rassegnazione, apatia e scoraggiamento.
Per questo si stima che si aggiungeranno altri 34.000 giovani compresi tra i 14 e i 18 anni al numero degli abbandoni scolastici del 2020/2021.
Noi adulti cosa possiamo fare?
La situazione che abbiamo davanti è certamente complessa, per diversi motivi: la dimensione organizzativa e la possibilità di innescare cambiamenti strutturali dentro la Scuola, la pluralità di cause legate al concetto di dispersione, non ultimo la vastità del campo di intervento.
Una strategia significativa potrebbe essere quella di spostare il focus dall’emergenza alla costruzione di un sistema coordinato di supporto.
Si può bypassare il livello emergenziale espresso dal concetto di dispersione scolastica verso quello più propositivo di successo formativo lungo tutto l’arco della vita, lavorando per unire i mondi dentro e fuori la scuola in una sorta di alleanza territoriale per lo sviluppo delle competenze dei giovani e la generazione di opportunità di orientamento e sviluppo personale.
Migliorare la scuola. Assumere il successo formativo (e non il livello dei saperi minimi) come paradigma impone di orientarsi verso l’innovazione e il miglioramento continuo dei sistemi di istruzione e formazione, avviando e consolidando esperienze di alleanze per la formazione. Coinvolgendo soggetti diversi come: docenti, genitori, educatori, imprenditori l’apprendimento diventa così un unicum tra formale e non formale.
Lifelong learning habit of mind: La sfida aperta è quella di costruire un’alleanza tra scuola e “fuori scuola” affinchè si possa innescare “assieme” un sistema in grado di generare nei giovani un “lifelong learning habit of mind”- un filo ininterrotto di apprendimenti utile al raggiungimento di un insieme di capacità che concorrono a fornire potenzialità di agire per scoprire, scegliere, formare, e direzionare in modo efficace i propri talenti.
Costruire comunità educanti: Operare per raggiungere il successo formativo significa investire energie affinché i minori possano incontrare reti di adulti significativi (insegnanti, genitori, sindaci, allenatori, sacerdoti…) connessi e coordinati in grado di supportare, facilitare, orientare, generare opportunità in una logica di corresponsabilità educativa.
Queste solo alcune delle azioni possibili, la sfida è quella di coordinarle territorialmente per generare un reale impatto.
Da dove iniziare?
Siamo nell’era della sharing economy, dell’accesso all’informazione, dell’open source, esistono certamente pratiche eccellenti da studiare, probabilmente anche non lontano da noi. Il passo successivo è comprenderne la compatibilità con il nostro contesto di riferimento, connettersi, e costruire ponti di collaborazione.
Di seguito due esempi concreti di strumenti che ibridano formale e non formale dentro al contesto scolastico e territoriale di riferimento e determinano casi di successo per ridurre gli indici di dispersione scolastica.
“We are – il bar che non c’era”Ha aperto il bar didattico green gestito dagli studenti “cooperatori”.
L’impresa cooperativa scolastica “We are – il bar che non c’era” composta da un gruppo interclasse di studenti delle classi terze dell’indirizzo Sala-Bar e dell’indirizzo dolciario dell’Istituto Alberghiero “Stringher” di Udine, nasce durante l’anno scolastico 2018/2019 con lo scopo di gestire e curare tutte le fasi necessarie ad avviare il bar interno all'Istituto scolastico.
Simulcoop
E’ una simulazione di impresa che coinvolge gli studenti come veri e propri membri di una cooperativa (creazione del CDA, assemblea, statuto e atto costitutivo) che andranno a definire, progettare e produrre prodotti o servizi per la propria scuola e la comunità di appartenenza grazie alla creazione di rami di impresa e relazioni con gli attori locali.
Tramite il “fare” si attiveranno percorsi esperienziali in un laboratorio annuale facilitato da educatori esperti.