Oggi cercherò in via del tutto eccezionale di scrivere un’intervista a me stesso (ebbene sì!) per raccontarti la mia esperienza accademica negli Stati Uniti d’America.
1. Mi presento
Sono Fabrizio, un ragazzo temerario nato lo stesso anno dell’uscita di “Nevermind” dei Nirvana, laureato in Linguaggi dei Media all’Università Cattolica di Milano. Al momento mi occupo della produzione di blog e di piani editoriali per alcune piattaforme.
2. Vi racconto i miei giorni americani
L’opportunità di vivere in America arriva da un Exchange Overseas, di fatto una sorta di erasmus tradizionale fuori Europa. Si viene ospitati per un periodo che di solito va dai 4 ai 12 mesi in una Università estera e si sostengono esami concordati con entrambe le università, quella ospitante e quella di provenienza. La mia esperienza è durata 4 mesi, la durata del semestre accademico americano.
Ho frequentato il Ramapo College, un’università del New Jersey distante 40 minuti di macchina da Manhattan e immersa nella natura delle Ramapo Mountains.
3. Perché proprio l’America…
Per me era prioritario andare in un paese anglofono per poter parlare con dei madrelingua locali fuori dai confini europei e ho ritenuto l’America la meta ideale visto l’ottimo universitario che le viene riconosciuto dalle società di ranking specializzate come QS.
Sapevo che avrei incontrato molte difficoltà a vivere in un altro continente e a studiare in una università estera con persone che non conoscevo. Ma questa è stata anche una sfida personale e ho accumulato molta adrenalina prima della partenza che mi ha caricato per affrontare con la giusta determinazione e incoscienza quest’avventura.
4. Le scartoffie richieste metteranno a dura prova la tua motivazione!
Ho presentato domanda alla mia università italiana un semestre prima della partenza, ho verificato di avere una media di valutazione in linea con le richieste (nel mio caso doveva essere pari o superiore a 24/30) e ho sostenuto il test di lingua inglese IELTS, ma va bene anche il TOEFL, proprio per essere candidato. Si lasciano poi delle preferenze (io ne avevo 3) e in base a quelle viene assegnata una università che ritiene il tuo profilo idoneo, soprattutto in base al livello di inglese espresso attraverso la certificazione.
L’iter burocratico per raggiungere il suolo americano è estenuante e in certi momenti ti chiederai: “ma chi me lo fa fare?”. Ho dovuto fare 10 tra vaccini e accertamenti medici, procurare i documenti in tempi ristretti per accontentare l’università italiana, quella americana e le richieste dello stato americano per ottenere il visto attraverso anche un colloquio in consolato americano a Milano.
Tieni presente che l’America non è un paese economico e da subito ti verrà richiesto di fornire informazioni sul contenuto di un conto bancario a tuo nome, nel mio caso un importo pari o superiore ai 5000$ insieme alla scansione del biglietto di andata dell’aereo. Se pensi di voler affrontare questa esperienza ma non vuoi pesare sulla tua famiglia ti consiglio caldamente di organizzarti per tempo magari guadagnando qualcosa con qualche lavoretto e chiedere se l’università di appartenenza fornisce delle borse di studio o dei rimborsi spese come è avvenuto nel mio caso dove mi è stato accreditato un importo pari a 1000 euro al ritorno in Italia.
5. La mia prima settimana in America
All’inizio ero molto impacciato e facevo fatica a comunicare ma poi facendo conversazione con i coinquilini e gli amici che ho conosciuto lì sono riuscito a rompere il ghiaccio e a diventare più fluido nella lingua. Il linguaggio parlato è decisamente differente rispetto all’inglese proposto nelle scuole in Italia. Per vivere in un paese estero non c’è altra soluzione se non imparare ascoltando!
Per quanto riguarda l’università, ci sono molti insegnanti stranieri quindi i primi giorni non era facile capirne l’accento non essendo madrelingua, ma questo poi mi è servito come palestra per potenziare le capacità di listening.
L’adattamento alla cultura e ai modi americani non è immediato. Sono decisamente più diplomatici e gentili, sforzati a usare qualche frase di circostanza in più e cerca di portare positività nelle tue conversazioni se vuoi dare una buona impressione. Il senso dell’humor è molto diverso, pensa due volte prima di fare una battuta che potrebbe essere mal interpretata. Gli americani hanno un’attitudine prettamente naive quindi non dare niente per scontato quando ti esprimi.
6. Che cosa ho studiato?
Materie equipollenti a quelle che dovevo fare in Italia: Principles of Marketing, Advertising & Public Relations, Integrated Marketing Communication
7. Com’era il college in cui sono andato?
Il college era molto bello. Gli spazi sono enormi, sembra un intero paese, e in fondo lo è! Ci sono più di 5000 studenti immatricolati e tante strutture tra edifici riservati alle lezioni, gli alloggi, le palestre, i campi da calcio e di basket, il minimarket, lo Starbucks e i servizi di ristorazione. In più tanto verde con animali tipici della fauna montana. A volte tra scoiattoli, cervi, e qualche rumore allarmante in lontananza, probabilmente dovuto a qualche orso nelle vicinanze, sembrava di essere in un documentario del National Geographic.
A proposito di orsi, un aneddoto da raccontare è sicuramente quello relativo all’avvistamento di un orso in prossimità della superficie dell’università ovvero in un parco naturale raggiungibile attraverso un breve sentiero. In quel caso per una settimana ci è stato vietato di mettere piede in quella zona e ci è stato ordinato di rimanere il più possibile all’interno degli edifici del campus e quelli adibiti per le lezioni.
8. Ma negli USA gli esami sono solo a crocette?
Sinceramente? Per la mia esperienza la difficoltà dipende tutto dalle materie che si fanno, per esempio le 3 che ho seguito sono a livello di studio molto accessibili e i test sono periodici (anche settimanali) ma assolutamente facili e con molti questionari a risposte multiple. Mentre ho dovuto lasciare un corso di psicologia perché era obiettivamente difficilissimo per il linguaggio molto tecnico degli argomenti trattati e quindi diventava ostico anche fare i compiti per casa (sì, in America vengono assegnati i compiti come alle superiori). La cosa più interessante rispetto al metodo delle superiori è il fatto che esiste un portale dove vengono “uploadati” i compiti per casa che hanno scadenza entro mezzanotte del giorno prima della lezione, dunque non si possono fare all’ultimo minuto. Questa piattaforma permette di interagire direttamente con il professore attraverso una chat e per qualsiasi domanda sarà disponibile a rispondere.
C’è comunque una grande flessibilità, se la prima lezione di una materia non piace per qualsiasi motivo si può cambiare il corso, conviene farlo in fretta però per trovare posto in un’altra classe! Ho fatto così con un corso di psicologia sociale, presentata in maniera piuttosto spaventosa da un professore intimidatorio che ha invitato subito coloro a cui non piaceva il programma a lasciare l’aula.
In questo caso ho avuto la fortuna che mi trovassero un posto per un altro corso nonostante si fosse già raggiunto il limite massimo di studenti (le classi nel mio college sono formate da un numero non superiore alle 35 persone). Un’altra caratteristica importantissima: in America si lavora molto attraverso i lavori di gruppo, che rappresentano dei casi di lavoro professionali veramente utilizzati dalle grandi aziende, per sviluppare competenze in teamwork, leadership e public speaking.
Le valutazioni sul lavoro di gruppo vengono date in base al lavoro scritto svolto e alla presentazione, si viene seguiti periodicamente dal professore che riserva sempre consigli molto utili e dà anche valutazioni sul percorso svolto per arrivare alla fine dell’elaborato. Per questo posso affermare che in America rispetto all’italia ci si concentra più su elementi pratici orientati al lavoro che si svolgerà una volta finita l’università.
9. Come mi sono trovato in generale negli Stati Uniti
Molto bene, la gente è molto simpatica e disponibile. La verità è che in America si vive bene, l’importante è sapere gestire le proprie risorse nel migliore dei modi, perché le modalità per impiegare il tempo e il denaro non mancano di certo, bisogna solo cercare di non farsi risucchiare troppo nel loro meccanismo consumistico, anche se per sopravvivenza un po’ bisognerà entrare in questo mondo.
Ho avuto la possibilità di andare diverse volte a New York City essendo facilmente raggiungibile con l’autobus. Con un gruppo di studenti Exchange abbiamo visitato anche il Canada, la California e la vicina Boston. Tra un essay e l’altro non è dunque mancato il tempo per viaggiare, l’importante è sapersi organizzare.
10. Che cosa mi ha lasciato questa esperienza
Mi ha arricchito moltissimo. Ho imparato tantissimo e conosciuto tante persone interessanti. Ho migliorato certamente l’inglese, conosciuto un paese diverso e sviluppato una mentalità multiculturale e internazionale. Ho imparato a vivere da solo in un paese straniero e a essere autosufficiente. Per questi motivi e per molti altri consiglio assolutamente di vivere un’esperienza simile alla mia!
Scritto da: Fabrizio Carrara