Apprendimento formale, non formale e informale
In questo articolo si vogliono chiarire i concetti di apprendimento formale, non formale e informale e stabilire il legame che li rende fortemente interconnessi.
Innanzitutto introduciamo il significato di apprendimento come ”processo attraverso cui un individuo assimila informazioni, idee e valori e acquisisce conoscenza (sapere), conoscenza applicata (saper fare), abilità, competenze (saper essere)”, che “può aver luogo in contesti formali, non formali e informali”.
Le tre dimensioni dell’apprendimento
Il 30 ottobre del 2000 la Commissione della Comunità Europea a seguito del Consiglio Europeo di Lisbona dello stesso anno vara il “Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente” ritenendo strategicamente essenziale, per “il buon esito della transizione ad un’economia e una società basate sulla conoscenza”, l’istruzione e la formazione permanente (lifelong learning and lifewide learning).
Il lifelong learning indica una dimensione verticale dell’apprendimento, appunto lungo tutto l’arco della vita di una persona e rappresenta il superamento della dimensione temporale dell’istruzione mentre il lifewide learning indica la dimensione orizzontale dell’apprendimento in quanto fa riferimento a tutti i contesti di vita e rappresenta il superamento dei luoghi deputati all’apprendimento, per cui, oltre al contesto formale, si tende a valorizzare ogni esperienza di vita (informale e non formale).
Esisterebbe una terza dimensione, di cui si sta parlando molto negli ultimi anni, ovvero il lifedeep learning che riguarda le credenze, i valori e gli orientamenti per la vita. Questa è la dimensione della profondità che ha come obiettivo un apprendimento trasformativo spostando il focus dalla competizione economica all’impegno congiunto tra la comunità e ciascuna persona.
(Adapted from UNESCO Institute for Lifelong Learning, 2014)
Il Memorandum, in riferimento all’istruzione e alla formazione permanente, distingue tre diverse categorie fondamentali di apprendimento:
- l’apprendimento formale, che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, (conseguiti anche in apprendistato), o di una certificazione riconosciuta;
- l’apprendimento non formale caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi formali, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese;
- l’apprendimento informale che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
“L’ambiente informale rappresenta una riserva considerevole di sapere e potrebbe costituire un’importante fonte di innovazione nei metodi di insegnamento e di apprendimento”.
In questa prospettiva si introduce con forza la “complementarietà dell’apprendimento formale, non formale e informale”. Non possiamo considerare queste tre forme di apprendimento a sé stanti; ogni contesto (formale, non formale e informale) che ha a cuore lo sviluppo integrale della persona non può trascurare il valore dell’apprendimento che avviene in contesti diversi.
Pensare secondo una pedagogia degli “ambienti educativi integrati” significa allora costruire una didattica di inter-azioni tra contesti formali, non formali e informali, partendo dalle pratiche comunicativo-sociali quotidiane, che comprendono anche gli ambienti digitali (social network, piattaforme di e-learning, ambienti virtuali per la DAD e la FAD).
Le linee guida europee in merito all’identificazione e alla validazione delle conoscenze, abilità e competenze acquisite in campo non formale ed informale sono state condivise tra tutti i Paesi e pubblicate congiuntamente dalla Commissione europea e dal Cedefop (Centro Europeo per lo Sviluppo della Formazione Professionale) nel 2009.
Esempi di educazione non formale
L’educazione non formale rappresenta uno dei pilastri su cui si basa la costruzione del programma ERASMUS PLUS; questo promuove la mobilità europea giovanile di gruppo e individuale attraverso scambi e attività di volontariato all’estero, l’apprendimento interculturale e iniziative di giovani di età compresa tra i 13 e i 30 anni.
L’istruzione non-formale può essere spiegata con la formula “learning by doing”, ovvero imparare direttamente sul campo. La metodologia di apprendimento consiste nell’interazione tra gli allievi e le concrete situazioni di cui fanno esperienza. Un esempio sono le fattorie didattiche che si basano su una forte interattività e sull’apprendimento attraverso l’esperienza pratica.
Gli indicatori di successo di programmi educativi formali e non formali
Nel caso di programmi di formazione formale sono solitamente previsti degli indicatori tecnici come: voti, test finali, esami, in grado di misurare i risultati raggiunti.
I risultati dell’educazione non formale, invece, sono evidenziati dal livello della crescita personale dei partecipanti, dalla consapevolezza sui temi trattati, dalla motivazione, dalle abilità e dalle competenze trasversali.
Uno strumento importante che permette di certificare e valutare le competenze acquisite è il Portfolio Europeo per l’educazione non formale: uno strumento descrittivo che mira a registrare le esperienze, le abilità e le conoscenze acquisite. L’e-Portfolio è uno strumento di autovalutazione e di impegno personale; si basa sulla consapevolezza del valore trasformativo che le singole esperienze hanno sulla crescita della persona.
Apprendimento non formale, successo non convenzionale
“Spesso è ancora il formale con le sue regole didattiche, linguistiche, contenutistiche e tecniche che ingloba, seleziona, organizza e orienta a fini istruttivi il non formale e l’informale e non sono invece le esperienze costruite nelle relazioni sociali della vita quotidiana e soprattutto le pratiche produttive di artefatti culturali e simbolici a dare senso personalizzante ed empatico a conoscenze, abilità e competenze da condividere e sviluppare insieme per un progetto educativo comune” (Galliani 2010).
Esistono moltissimi esempi di programmi non formali che presentano un approccio dall’alto verso il basso (top-down); un esempio è rappresentato dai corsi di formazione tenuti da dipendenti o da organizzazioni statali.
Un approccio bottom-up, dal basso verso l’alto, prevede che l’attività educativa avvenga nell’interesse dei ragazzi che sono chiamati a partecipare all’organizzazione e alla progettazione delle attività. Cosa comporta questo approccio? una maggiore responsabilità per gli allievi e darebbe loro la possibilità di capire e, se necessario, cambiare la struttura sociale intorno a loro. Esempi tutt’altro facili da trovare.
Il capitale umano che fa la storia
Voglio concludere con un esempio di donna che ha fatto della sua intraprendenza e di un’educazione non formale e informale il suo successo: Sarah Breedlove, nota come Madam C. J. Walker (Delta, 23 dicembre 1867 – Irvington, 25 maggio 1919) fu un’imprenditrice, una filantropa e un’attivista statunitense. Sarah trovò il successo inventando un prodotto che rispondeva ad un bisogno di cui aveva fatto esperienza in prima persona, (una linea di prodotti per capelli dedicata alle donne nere) e sul quale costruì un’impresa di cosmetica.
Come molte donne di quel tempo, Sarah sperimentò la perdita di capelli. Poiché la maggior parte degli americani non avevano acqua corrente, riscaldamento ed elettricità, facevano il bagno e lavavano i capelli raramente. Il risultato erano malattie del cuoio capelluto. La Walker sperimentò rimedi casalinghi e prodotti già presenti sul mercato fino a quando sviluppò un proprio shampoo e una pomata che conteneva zolfo per mantenere il cuoio capelluto sano e favorire la crescita dei capelli.
Sarah Breedlove iniziò a commercializzare i suoi prodotti come Madam C. J. Walker. Cominciò vendendo lei stessa il suo “Madam Walker’s Wonderful Hair Grower” porta a porta. Estese la sua linea di prodotti per capelli. Pian piano ampliò le vendite a tutti gli Stati Uniti. Mentre sua figlia Lelia gestiva la vendita per corrispondenza da Denver, la Walker e il marito viaggiavano in tutti gli Stati orientali e meridionali. Si stabilirono a Pittsburgh nel 1908, dove aprirono il Lelia College per formare quelle che chiamava “hair culturists” o “Walker agents”. Erano donne di colore, altrimenti destinate a umili lavori, a cui insegnava i fondamenti della cosmesi e della tricologia. Ad esse dava anche lezioni su questioni politiche e sociali, incoraggiandole a diventare economicamente indipendenti e proponendosi come esempio.